Il mondo digitale in cui viviamo ci circonda quotidianamente di un’enorme quantità di dati sanitari: applicazioni mobile, smartwatch e dispositivi medici indossabili registrano ogni giorno moli di informazioni sulla nostra salute, come battito cardiaco, pressione sanguigna, qualità del sonno, attività fisica e molto altro ancora.
Nonostante ciò, però, questi dati non sono attualmente accessibili ai medici; a tal punto che un paziente che ha raccolto nel tempo informazioni sul suo piano alimentare, riuscirebbe difficilmente a comunicarli in maniera efficace al proprio nutrizionista. Un vero spreco di informazioni!
Gli ospedali, inoltre, hanno non poche difficoltà nel monitoraggio continuo del nostro stato di salute, ma dati ospedalieri a bassa frequenza, combinati con le informazioni ad alta cadenza dei dispositivi digitali, possono abilitare scenari di medicina aumentata e personalizzata.
Un mio caro amico mi ha recentemente detto di aver notato un leggero aumento della frequenza cardiaca a riposo calcolata dalla sua APP Fitbit. Ha deciso pertanto di comunicarlo al proprio medico di fiducia, il quale lo ha trovato allarmante e ha scelto di ridurgli il dosaggio di uno dei suoi farmaci. Dopo pochi giorni, il suo battito si è completamente normalizzato. Non sarebbe stato in alcun modo possibile rilevare questa tendenza senza aver avuto a disposizione i dati storici raccolti dal suo smartwatch.
D’altro canto, per quanto i dati ospedalieri siano importanti, oggigiorno i professionisti del settore sanitario riescono difficilmente ad esaminarli nel loro complesso: negli ospedali all’avanguardia, i medici hanno visione di tutte le informazioni che il paziente ha raccolto presso la struttura in cui operano, ma non di quelle registrate presso altre aziende sanitarie. Le persone hanno dottori di fiducia sparsi lungo tutto il territorio, presso ospedali e/o studi privati che raccolgono i loro dati in cartelle cliniche consultabili solo dagli addetti ai lavori della specifica struttura medica.
È vero, un paziente potrebbe portare in esame la propria cartella clinica che ha scaricato dall’ospedale A ad un medico che svolge la propria attività nell’ospedale B, ma resta il fatto che questi dati – cartacei o digitali che siano – sono molto difficili da consultare senza un sistema che gli dia una visione di insieme. Quello a cui si assiste solitamente nella prassi comune è una scena nella quale il medico perde il suo tempo prezioso rovistando tra fogli e file digitali e il paziente non riesce a raccontare in maniera chiara la sua storia sanitaria passata.
Tutto ciò genera un processo che può avere gravi ripercussioni per la nostra salute: informazioni preziose, che potrebbero essere utilizzate per diagnosticare nuove malattie o sviluppare piani terapeutici più adeguati, potrebbero essere nascoste o sfuggire anche agli occhi del medico più attento.
C’è da dire che l’Italia ha cercato, tramite il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), di fare un passo importante verso l’integrazione dei dati sanitari del paziente, per lo meno quelli raccolti presso il proprio medico di base e le strutture ospedaliere pubbliche e private – dove il cittadino si è recato per visite mediche o esami specialistici – accreditate al Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
Si legge, dall’apposito sito web, che “il Fascicolo Sanitario Elettronico è lo strumento attraverso il quale il cittadino può tracciare e consultare tutta la storia della propria vita sanitaria, condividendola con i professionisti sanitari per garantire un servizio più efficace ed efficiente”.
Anche se sostenuto da uno sforzo esemplare e lungimirante, però, il progetto FSE è profondamente limitato nella pratica, principalmente a causa di tre motivi:
- Non funziona del tutto in regime di interoperabilità ovvero non permette ancora di aggregare i dati raccolti presso strutture ospedaliere di regioni diverse;
- È un sistema che necessita di essere popolato dalla specifica struttura abilitata e, purtroppo, non tutti i presidi medici adibiscono a questo compito;
- Non permette una visualizzazione fruibile delle informazioni sanitarie, in quanto quello che viene mostrato al paziente è solamente un insieme di referti ed esami riportati sottoforma di “foglio digitale”.
Per tali ragioni, uno dei pilastri portanti della piattaforma di iCareX – iTwin – è stato quello di sviluppare un canale digitale che riesca ad integrare i dati sanitari del paziente, raccolti tramite le cartelle cliniche delle strutture mediche e i nuovi strumenti alternativi digitali.
iTwinSense è la nuova applicazione mobile di iCareX, disponibile a partire da Novembre 2020, che permette ai pazienti di raccogliere tutti i propri dati sanitari digitali, di visualizzarli e di condividerli con il personale medico degli ospedali che avranno adottato la soluzione. iTwin Sense è stata realizzata attraverso i principi della “privacy by design” e accogliendo quanto previsto dal GDPR, prevendendo inoltre sistemi stato dell’arte per il criptaggio dei dati e micro-condivisione al solo personale medico autorizzato, in modo da offrire il massimo livello di granularità nella gestione del consenso e amplificare la portata dei medici attraverso “Big Data” forniti in tempo reale.
In particolare, tramite iTwin Sense, il paziente può:
- raccogliere ed integrare in un unico polo i dati ospedalieri e quelli alternativi provenienti da APP mobile già in uso, smartwatch, dispositivi medici indossabili e test innovativi (genetica e microbioma);
- condividere, tramite un’apposita Consent Management Platform, i dati desiderati del suo profilo sanitario con i propri medici di fiducia;
- visualizzare per la prima volta una rappresentazione digitale, evoluta e fruibile (valori puntuali, grafici dinamici, variazioni temporali, etc.), di tutti i suoi dati sanitari.
In questo modo, iCareX vuole dare vita al “gemello digitale” di ogni paziente ovvero una replica virtuale di tutte le informazioni sanitarie del soggetto, che potrà fungere da test per una migliore diagnosi delle sue malattie e/o lo sviluppo di trattamenti personalizzati più efficaci.